TECNOLOGIA EDUCATIVA

Il mondo della formazione è ovviamente molto influenzato dalle tecnologie informatiche. Quando si parla di “tecnologia didattica” si fa riferimento alle vaste possibilità di applicazione dell’informatica e della telematica al mondo dell’istruzione (scuola) e della formazione in generale.

Non credo, come insegnante e come educatore, che l’uso del computer in se stesso renda più efficace l’apprendimento; ma credo che non sia possibile non tenere conto del fatto che ci troviamo in una società fortemente informatizzata: non vi sono quasi più attività produttive che non comportino l’utilizzo di tecnologie informatiche e anche la dimensione privata-familiare, i rapporti interpersonali sono fortemente condizionati dalle tecnologie. Nessuno può negare che la quasi totalità dei nostri adolescenti cammini per strada con quei potentissimi personal computer che sono gli smartphone.

Internet e i social network non sono realtà accessorie, ma aspetti costitutivi della vita (produttiva e relazionale) delle persone. Oggi i bambini imparano ad usare il computer prima che a leggere e imparano le funzioni di un telefono cellulare intuitivamente e contestualmente al primo accesso.
Di fronte ad una panoramica siffatta, il mondo dell’educazione è dentro o fuori? Sceglie di portare avanti una (forse nobile) idea di sapere pre-informatico, cercando di prevenire gli effetti collaterali del fenomeno con l’arma della preclusione, del non coinvolgimento e del disinteresse? Oppure coglie questa sfida e affronta una realtà in cui la tecnologia viene discussa, magari criticata ma comunque usata, ri-proposta, re-indirizzata? Lascia soli i ragazzi di fronte alla tecnologia o sceglie di accompagnarli lungo il percorso?

L’idea che a scuola non si debba più “consegnare” delle conoscenze offre delle opportunità circa l’educazione dei giovani ad un uso critico delle informazioni, ad una loro de-costruzione e anche, infine, ad un ri-costruzione degli argomenti.
Con il computer e le potenzialità offerte dalle rete, i contenuti si possono cercare e costruire insieme. È una idea nuova di contenuto, che fa riferimento non all’obiettivo consueto di descrivere una realtà preconfezionata o comunque “attesa”, ma a quello di scoprirla autonomamente. È inteso che in quest’ottica anche il docente muta sostanzialmente ruolo, da erogatore della conoscenza, egli diviene l’importante facilitatore di un’esperienza di investigazione.

Con il recente Piano nazionale della Scuola digitale (2015), il MIUR ha fortemente investito nelle tecnologie a scuola e deliberato un progetto (prescrittivo) vero e proprio.

Il Piano Nazionale Scuola Digitale è il documento di indirizzo del MIUR per il lancio di una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale.
Si tratta prima di tutto di un’azione culturale, che parte da un’idea rinnovata di scuola, intesa come spazio aperto per l’apprendimento e non unicamente luogo fisico, e come piattaforma che metta gli studenti nelle condizioni di sviluppare le competenze per la vita. In questo paradigma, le tecnologie diventano abilitanti, quotidiane, ordinarie, al servizio dell’attività scolastica, in primis le attività orientate alla formazione e all’apprendimento, ma anche l’amministrazione, contaminando – e di fatto ricongiungendoli – tutti gli ambienti della scuola: classi, ambienti comuni, spazi laboratoriali, spazi individuali e spazi informali.
(L.107 art.1 commi 56, 57, 58)

La tecnologia educativa è stata ulteriormente “sollecitata” dalla situazione verificatasi durante il periodo pandemico e in particolare dalla didattica “a distanza”. Alcune considerazioni al riguardo sul blog digidattica.

Dopo il periodo acuto della pandemia, ulteriori finanziamenti sono stati messi a disposizione per dotare le scuole della tecnologia necessaria a proporre percorsi didattici innovativi.

Per ultimo, le scuole possono usufruire dei fondi PNRR (in modo ovviamente variabile)  non solo per colmare gap infrastrutturali (monitor, reti) ma per rilanciare una didattica nuova, una dizione generica per descrivere un’idea di scuola simile ad un grande laboratorio dove lo strumento-perno è l’informatica: le evoluzioni dei software e dei servizi telematici, ancora più che nuovi dispositivi, consentono oggi di fare programmazione, podcast, video-making, disegno tridimensionale, realtà aumentata, realtà virtuale e chi più ne ha più ne metta. Nonostante la generale e forse ancora preponderante resistenza al cambiamento, ci sono sperimentazioni e metodologie testate che dimostrano non solo che un uso funzionale delle TIC rende i percorsi didattici più interessanti ed efficaci ma che costituiscono anche una repository spendibile, cioè ri-usabile e di ispirazione.

A prescindere da tutto, la scuola è o deve essere anche un laboratorio critico, dove ciò che è usato e appreso viene sempre passato al vaglio, possibilmente da tutti gli attori in gioco (docenti e studenti). Da questo punto di vista le TIC sono anche una formidabile provocazione; si prenda come ultimo esempio, il recentissimo “mantra” dell’intelligenza artificiale (e relativo dibattito).